“Il vino si fa in vigna” diceva sempre Giulio Gambelli e così è sempre stato per noi. Diceva anche che in cantina esiste solo la regola delle tre P: pulizia, pulizia e pulizia. Questi sono gli ingredienti irrinunciabili del nostro vino, biologico già da prima che esibirne il marchio ufficiale diventasse un vanto diffuso.
Avere una piccola azienda è un lusso che mi permette di curare nei minimi particolari ogni fase del vino. Non mi piace avere tanti vini, fatti selezionando le uve, più o meno sane e mature, per cui ho scelto di produrre un solo brunello e un solo rosso con uve tutte perfettamente pronte. Le uve che non mi piacciono vengono scartate. Il mio sogno è quello di fare un cru, un brunello con la sola vigna del Bosco, la mia preferita, piantata proprio nel 1972.
“Un vino che ride mi ha indicato la strada. Ascolto i consigli d’oro del vino, il vino a volte è una scala di sogno. Aprile e la notte e il vino che ride hanno legato in coro il loro salmo d’amore.”
Antonio Machado (1875 – 1939)
”E DOVE NON È VINO NON È AMORE; NÉ ALCUN ALTRO DILETTO HANNO I MORTALI
Le vigne del COLLE – Casa, Matrichese e Bosco – sono tre ettari, piantate nel 1972, sono esposte a nord est, a un’altitudine di 480 metri. Casa e Matrichese sono state reimpiantate nel 1985, dopo la famosa gelata che ha bruciato anche olivi secolari. La vigna del Bosco invece, protetta dalla vigorosa vegetazione circostante, ha superato le temperature rigide di quell’anno.
La disgregazione del massiccio di arenaria è la componente principale di questa zona, naturalmente accompagnata da una presenza argillosa mediocre. Si evidenziano inserzioni calcaree e di alberese, che insieme vanno a determinare lo scheletro (mediamente presente) di questi terreni. Mineralità ed eleganza sono il risultato nei vini provenienti da qui.
Le vigne di CASTELNUOVO – Ponte, Pozzi e Ciliegio – sono cinque ettari, piantate nel 1998, sono esposte a sud est a un’altitudine di 230 metri.
Qui la componente argillosa la fa da padrona. Le sue argille pesanti sono mitigate dalla presenza di tufo, caratteristica del massiccio del Monte Amiata, mentre lo scheletro è generato da pillolo di deposito alluvionale, che si incontra in maniera consistente nella parte bassa dei terreni e va a diminuire man mano che si sale sul crinale. I vini che provengono da questa zona sono molto concentrati, muscolari e potenti.
Oggi fare un vino in modo completamente naturale richiede il controllo costante della temperatura. Il surriscaldamento globale ha aumentato il grado zuccherino dell’uva. E’ necessaria una temperatura idonea per creare ai lieviti, che devono lavorare a lungo per finire gli zuccheri, un ambiente meno stressante possibile. Uso quindi tini d’acciaio inox, dotati di fascia esterna termo condizionata, che agiscono in modo delicato sul mosto e mi consentono di non superare i 28° nel picco della fermentazione alcolica.
La mia scelta è solo botti grandi di pregiato rovere di Slavonia, realizzate dai migliori artigiani bottai, legno selezionato con estrema attenzione, piegato rigorosamente a fuoco e con leggera tostatura. Sono da 50 e da 30 ettolitri, ovali e tonde, dove il vino può rimanere a lungo ed esprimere le caratteristiche peculiari di ogni annata, senza essere sopraffatto dal sentore di legno.
Vale davvero la pena spendere per un tappo di eccellente qualità. Mi avvalgo della lunga esperienza di artigiani che lavorano esclusivamente sugheri di almeno 13 anni di età, con una densità superiore alla media. Selezionano le loro cru in zone altamente vocate, prettamente in collina, con esposizione a sud. La lavorazione viene fatta ancora manualmente, a quadretti, per sfruttare al massimo la qualità. Il sistema di controllo finale è analitico e molto scrupoloso. La stampa viene fatta esclusivamente a fuoco.